Riflessioni: la scala del consumo critico

Pubblichiamo con piacere alcune riflessioni di Andrea Saroldi, animatore storico dei GAS nazionali e autore di numerosi articoli e libri sui temi del consumo critico.

In questi giorni sono rimasto ancora una volta stupito da quanto sia polarizzata la discussione all’interno del mondo italiano dell’economia solidale, come se per ogni soggetto non esistessero alternative tra essere considerati magnificamente perfetti o terribilmente diabolici.

Eppure i Gas e chi pratica il consumo critico sono da tempo abituati a fare i conti con il fatto che il produttore perfetto non esiste, come non esiste il Gas perfetto; seguiamo dei valori, che traduciamo in criteri (piccolo, locale, solidale, …), che poi applichiamo come riusciamo.

Nonostante mi consideri un consumatore critico, nella mia dispensa e nei miei armadi potete trovare prodotti che non rispondono per nulla o solo in parte ai criteri del consumo critico. Durante la mia giornata applico i criteri del consumo critico come riesco in base alle mie capacità ed alla disponibilità dei prodotti.

La mia capacità di reperire prodotti e servizi che rispondano in pieno ai miei criteri, ovvero (per semplificare) realizzati nel rispetto dell’ambiente da cooperative legate al territorio, è piuttosto limitata; ma questo non intacca la mia fiducia nella capacità trasformativa dell’economia solidale. Cerco di essere chiaro con me stesso, di capire fin dove sono arrivato, dove posso migliorare e quali passi posso fare per aumentare l’applicazione dei criteri del consumo critico ai miei acquisti. Nella mia casa non ci sono né prodotti “buoni” né prodotti “cattivi”, trovate prodotti o servizi su cui non sono riuscito ad applicare nessuno dei criteri del consumo critico, prodotti su cui sono riuscito ad applicare qualche criterio, e prodotti dell’economia solidale su cui sono riuscito ad applicare tutti i criteri.

Potrei disporre gli oggetti della mia casa lungo una scala, in cui il numero di gradini corrisponde al numero di criteri che sono riuscito ad applicare, considerando sia le caratteristiche del prodotto che i comportamenti dell’impresa che lo ha realizzato: in fondo metto i prodotti che non mi soddisfano, in cima quelli dell’economia solidale (considerando anche la forma societaria e l’utilizzo degli utili), lungo la scala dispongo la maggior parte degli oggetti, chi più in alto e chi più in basso a seconda del numero di criteri che soddisfano.

Ripensando agli ultimi 20 anni mi considero soddisfatto: la mia scala era vuota venti anni fa e in questo periodo ho visto molti prodotti salire dei gradini, qualcuno l’ho anche visto scendere. In alcuni casi sono riuscito a far salire un prodotto perché ho modificato il mio comportamento, più spesso si sono affacciati sulla scena dei prodotti che pongo su di un gradino più alto e che quindi ho preferito. In fondo il consumo critico è proprio questo: i consumatori modificano il loro comportamento e di conseguenza le imprese modificano il loro.

Mi piace questa immagine della scala con gli oggetti che salgono e scendono saltellando sui gradini come in un cartone animato; per darle importanza, in un mondo popolato da marketing, brand e trend, la chiamerò “l’escalation del consumo critico”.

Questa scala serve a regolare i miei comportamenti. Quando cerco un prodotto percorro la scala in discesa a partire dall’alto e mi fermo al primo prodotto che trovo, quello che più si avvicina ai miei criteri. Sono contento quando vedo un oggetto salire di un gradino, e mi dispiace vederli scendere.

A questo punto, se avete avuto la pazienza di leggere sin qui, vi sarete già fatti un’idea del perché vi sto raccontando tutto questo: penso che l’immagine della scala, peraltro già introdotta da Paolo Trezzi e ripresa da Ersilia Monti, ci possa aiutare ad affrontare il tema della gradualità della conversione.

Questo ci consente, ad esempio, di riconoscere e valorizzare la salita di un gradino da parte di un prodotto e della sua impresa, considerando allo stesso tempo sia il cammino percorso che quanto resta da fare. Nei settori più complessi, dove non conosco nessuna soluzione che mi soddisfi pienamente, posso sostenere e condividere un percorso di trasformazione. L’importante è essere chiari con se stessi e verso gli altri, riconoscere dove siamo arrivati e per quanto possibile condividere lo stesso sogno (il pianerottolo in cima alla scala) o almeno la stessa direzione di percorrenza della scala: la salita.

Nel corso del tempo, come in una fiaba di Andersen, ho visto i prodotti saltellare sugli scalini, salire e scendere, arrivare e scomparire; ognuno di loro mi ricorda una faccia e molte fatiche.

Forse gli scricchiolii scatenano reazioni forti perché ci sentiamo fragili, ma penso che dobbiamo avere cura delle crepe, senza nasconderle, perché è da lì che entra la luce che ci consente di vedere dove stanno i problemi, per affrontarli insieme (nel senso delle persone che affrontano i problemi, non di affrontare tutti i problemi in una volta sola)!

Andrea Saroldi                                                          

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