Nell’ambito della manifestazione Fa’ la cosa giusta! di quest’anno, conclusasi il 23 novembre, abbiamo partecipato all’incontro streaming “Il costo nascosto della carne” – a cura di Alessandro Sala, Federica Di Leonardo, Federica Ferrario, Francesco De Augustinis. Riportiamo alcuni spunti.
Preservare la biodiversità: Il tema è l’interconnessione, tutti siamo connessi. Pensare alla carne non può essere disgiunto da altri temi ambientali, come il clima, l’inquinamento o la deforestazione.
Riflettere sul costo della filiera: Spesso il consumatore non è indotto a quantificare il lavoro e la fatica dalla terra alla tavola, anche nel settore della carne. Se in un fast food pago poco il mio cibo, quanto sarà il costo sociale? Sfruttamento della manodopera, fitofarmaci o antibiotici nei mangimi, allevamenti intensivi…
Rapporto tra deforestazione e diffusione malattie: Il recente rapporto internazionale sulla biodiversità parla di 1.700.000 virus in circolazione, metà dei quali potrebbero arrivare all’uomo.
Questo è possibile perché si sta sempre più assottigliando la distanza tra uomo e animali selvatici. Nel 2019 il livello di deforestazione è stato un record in negativo. La distruzione dell’habitat naturale influisce sulla distanza finora mantenuta tra animali selvatici e uomo. Il rischio di spillover è frequentissimo.
Tutto questo è stato ben documentato nel docufilm Deforestazione made in Italy di Francesco De Augustinis (visibile online: https://www.deforestazionemadeinitaly.it/) e nel prossimo suo lavoro OneEarth https://www.one-earth.it/
Benessere degli animali allevati: si stima che dall’alba dei tempi ad oggi siano vissuti sulla Terra 113 miliardi di esseri umani in tutto Secondo un’altra stima, ogni singolo anno oltre 150 miliardi di animali sono destinati alla macellazione. Sono numeri che devono essere comunicati e devono
costituire serie riflessioni per ognuno di noi. Il nostro modello alimentare è basato sul consumo eccessivo di carne e questa continua domanda ha fatto sì che negli ultimi decenni si siano moltiplicati allevamenti intensivi.
Nell’allevamento intensivo gli animali si nutrono con mangimi a base soprattutto di mais e soia, che quindi vengono coltivate utilizzando vastissime aree che vengono deforestate per far posto a queste monoculture, che privano il territorio di biodiversità. (in Italia il 70% delle superficie agricole sono a monoculture per mangimi, fenomeno che si concentra nella Pianura Padana, come la maggior parte degli allevamenti i ntensivi).In Italia si calcola che il consumo di carne sia di circa 80 kg a testa all’anno, quindi come se ognuno di noi (bambini compresi) mangiasse più di 2 etti di carne al giorno. Sono, sempre in Italia più di 600.000 gli animali macellati all’anno.
Etichetta trasparente: noi in Italia siamo grandi utilizzatori di antibiotici sia ad uso umano che animale, spesso a scopo preventivo e non curativo. Questo determina la creazione di ceppi resistenti e la difficoltà di combattere in modo efficacie delle malattie che si diffondono.
Non c’è grande trasparenza dell’etichetta. Il benessere non viene certificato da enti, ma dallo stesso produttore che autocertifica, secondo suoi parametri, il benessere dei suoi animali. Questo genera confusione tra i consumatori. Occorre arrivare ad una chiarezza dell’etichetta, come per le uova. A proposito di questo, utile sapere che da quando esiste la codifica delle uova, il 40% in più di galline viene allevato all’aperto, segno che la domanda di maggiore trasparenza e ecosostenibilità dal basso induce il mercato ad adeguarsi.
Occorre anche una linea coraggiosa dei governi. L’allevamento bio è la risposta. Purtroppo dal 2004 al 2016 circa 320.000 piccole e medie aziende, dove sarebbe più facile avere una transizione green, hanno venduto ai grandi allevamenti. Ci vuole coraggio e premialità per azioni di conversione green. Il ruolo dei GAS che aiutano e sostengono i piccoli produttori accertandosi del benessere vero degli animali allevati potrebbe essere davvero fondamentale.
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